Non si parla d'altro da una settimana. A dire il vero, già da gennaio l'argomento era sulle prime pagine dei giornali e apriva i tg ma ovviamente, fino a quando le cose non ti toccano da vicino, non te ne preoccupi più di tanto. Il Covid-19 ("Co" sta per "Corona", "vi" indica "virus", "d" sta per "desease" e "19" indica l'anno di nascita del virus, il 2019), nome ufficiale medico e nuovo ceppo dei Coronavirus, un'intera famiglia di virus che si chiamano così per la loro forma, è comparso in Cina secondo alcune fonti già nelle ultime settimane del 2019, precisamente nella provincia dell'Hubei, con epicentro la metropoli di Wuhan. Si ha la quasi certezza che questa malattia sia zoonotica, e cioè sia passata dall'infettare un animale (il pipistrello) passando forse per un altro animale (il serpente) fino all'uomo. Questo tipo di virus, solitamente resistenti, poiché nuovi, trovano in noi un'assenza di difese immunitarie.
Non sappiamo se le istituzioni cinesi abbiano agito o comunicato in ritardo al mondo intero la grave epidemia: quello che sappiamo è che comunque hanno reagito. Sono state messe in quarantena ed isolate decine di milioni di persone, costruiti due mega-ospedali in tempi record. Il picco (forse non l'unico purtroppo) è superato. I morti diminuiscono. Dal punto di vista medico, gli esperti sono stati chiari, sebbene neanch'essi conoscano bene il virus: non è la peste, ma non è neanche un raffreddore. E' un virus molto contagioso per via respiratoria, che causa complicazioni, ma dal quale si può guarire.
In Italia
Come abbiamo reagito in Italia da quando è toccato a noi fronteggiare l'emergenza? Intanto prima di ritrovarci in casa la bega, sono stati bloccati i voli diretti dalla Cina (bene, prima nazione in Europa). Forse sarebbe stato però saggio bloccare anche quelli con scalo. Per restare nella discussione degli errori, da citare è l'incognita del paziente 0, non individuato o una fantomatica diffusione del virus in un luogo che lo amplifica, come un ospedale o ancora gli psicotici svuotamenti dei supermercati. Certamente le misure adottate, come la chiusura di luoghi pubblici (scuole, università, cinema, teatri eccetera) favoriscono la lotta all'epidemia, che possiede meno canali di diffusione, anche se disposta in regioni non colpite può sembrare esagerata.
Politica e sanità
La politica, quando si verifica un'emergenza, non deve litigare. Su questo, ci aspettiamo la massima maturità dalle istituzioni e da chi ci rappresenta. Ci sono stati episodi che non avrei voluto vedere in proposito ma altri invece mi hanno reso orgoglioso del mio paese: è il caso del sostegno offerto al governo dalle opposizioni o dal lavoro dei nostri medici, fautori di una sanità italiana, che anche con tutte le difficoltà è un'eccellenza mondiale.
Percezione e comunicazione
Questa questione non va sopravvalutata né sottovalutata, consapevoli del fatto che la percezione della gente di un problema non collide mai con la sua realtà. E da qui i discorsi "l'influenza fa più vittime" o "dei cambiamenti climatici non gliene importa niente a nessuno". Quello che non dobbiamo fare è comunicare all'esterno il disastro da fine del mondo, che non vuol dire misconoscere la portata del virus, ma comunicarne in maniera chiara l'andamento e le misure per contenerlo.
La nostra società
Quando accadono questi eventi ci rendiamo conto di come la nostra società sia forte e fragile allo stesso tempo. Forte perché l'informazione si diffonde velocemente come il virus, perché le buone condizioni igieniche limitano la sua propagazione e ultimo ma non per importanza, grazie all'efficacia della medicina che sa fare veramente tanto. Fragile perché ci rendiamo conto di quanto dipendiamo da ogni cosa, di come abbiamo perso il senso della paura.
Ex malo bonum
Che siano queste le settimane in cui possiamo renderci conto di quali sono le cose che veramente contano nella vita, perché senza la salute, non esiste nient'altro. Spero che la politica (e l'Italia tutta) impari che solo uniti si possono superare le grandi difficoltà: per il resto, sull'economia, l'immigrazione, il lavoro, si può continuare a discutere. Da questa disgrazia dobbiamo imparare tanto. Ex malo bonum.
Stefano Guarrera