11/11/2020
IN BREVE:
La prima e la seconda ondata di infezione
Le misure del governo
I comportamenti e la tecnologia
E così ci risiamo. L'esecutivo ha da qualche giorno istituito un nuovo lockdown. Ma questa volta è diverso. Per tanti motivi. Il 2020 è stato uno degli anni più difficili della storia recente a causa del dilagare della pandemia da Covid-19. E l'Italia ha risposto all'infezione in maniera diversa se confrontiamo la prima con la seconda ondata.
Il coro unanime che pronuncia endorsements verso la chiusura localizzata, chirurgica (o "sartoriale", come qualcuno l'ha chiamata) conferma che la divisione del territorio in fasce diverse di rischio è giudicata favorevolmente. Ma stanti così le cose la domanda sorge spontanea: è allora stato corretto chiudere tutto il paese senza distinzioni da marzo a maggio? Probabilmente no. Ma con il senno di poi siamo bravi tutti. Ciò non toglie la valanga di polemiche che comunque scaturiscono dall'assegnazione o no del rosso, dell'arancione o del giallo a questa o quell'altra regione. In ogni caso, da febbraio a novembre molte cose le abbiamo capite. Politici, medici e cittadini hanno avuto modo di conoscere meglio il dramma che ci sta attanagliando, cercando le cause e considerando le conseguenze.
Questa volta, il nostro Paese giunge già stanco e provato al nuovo lockdown. Il primo confinamento, per quanto fosse lacrime e sangue, è stato accettato da (quasi) tutti. La gente non conosceva bene cosa stava accadendo, c'era paura e si preferì stare uniti, seguendo le indicazioni del governo. Un governo attorno al quale i cittadini si sono stretti e nel quale si sono riconosciuti malgrado esso abbia commesso alcuni errori. Mesi dopo è diverso. Le conseguenze economiche delle chiusure si fanno già sentire e in molti provano frustrazione e rabbia. Il lavoro alcuni l'hanno perso. Altri lo perderanno. Altri ancora si vedranno retribuiti con buste paga molto più magre. È insomma un dramma. Sintomo del malcontento sono le proteste avvenute nelle città di tutta Italia.
E se l'esecutivo è stato percepito in primavera come ciò che tutela la salute, questa volta rischia di fare la figura di ciò che "taglia le gambe" (economicamente) ai lavoratori. La maggioranza è andata all'incasso sotto alcuni aspetti durante la prima ondata: ha aumentato la coesione al proprio interno e ne ha guadagnato in visibilità. Adesso ha molto da perdere. In mezzo, c’è stata l'estate, una estate sui generis quest'anno, in cui sembrava di aver quasi sconfitto il virus. E questo atteggiamento è stato uno dei nostri passi falsi sebbene da più parti si fossero alzati avvisi di preoccupazione su ottobre. Il virus sta sempre davanti: non si impongono misure restrittive quando il virus circola poco semplicemente perché è impopolare e dannoso per l'economia. E così, vista la circolazione delle persone, prende forza: ecco che si interviene. È un circolo vizioso, un rincorrere continuo.
Momenti come questi nella storia determinano grandi svolte. Se in meglio o in peggio è l'uomo a deciderlo. Possiamo dire che abbiamo imparato due cose molto importanti che saranno sicuramente delle risorse in futuro. In primis abbiamo capito cos'è (o perlomeno come si comporta) un virus che addirittura diventa pandemico. Adesso sappiamo tutti quali sono le armi che abbiamo per combattere una malattia infettiva fortemente contagiosa e come si usano. Tutti conosciamo quali sono i comportamenti responsabili da tenere per fare fronte ad una calamità di questo tipo e questo ci potrà tornare utile in futuro.
E poi abbiamo compreso (una volta di più) l'importanza di un altro strumento: la tecnologia che ci permette di studiare e lavorare a distanza. Solo qualche decennio fa il Covid-19 avrebbe quasi totalmente fermato il mondo. Oggi invece grazie al telelavoro, allo smart working, alle piattaforme per le videoconferenze e ancora grazie a una gran quantità di software una buona parte di attività produttive può continuare a vivere. Ora abbiamo l'ennesima riprova della imprescindibilità della tecnologia come ausilio alle attività umane. Senza questa, il mondo si sarebbe fermato. Questo strumento sta limitando i danni. Investimenti presenti e futuri in questo senso saranno preziosi.
Ne avremo ancora per molto. Questo è pacifico. Anche il 2021 è compromesso. Gli sviluppi futuri saranno poi caratterizzati da un grande dettaglio: il Recovery Fund. Prestiti e contributi europei dovranno aiutare il Paese nel percorso di ricostruzione del tessuto sociale ed economico. I nostri comportamenti quotidiani sono ormai cambiati. E quando cambiano i comportamenti quotidiani significa che è accaduto qualcosa di grosso. Percepiremo su noi stessi per molto tempo gli effetti della pandemia: le relazioni e gli affetti sono costretti a darsi una nuova forma.
Stefano Guarrera